giovedì 10 novembre 2016

Lo yoga è politica

L’attivismo politico non è separato dallo yoga. Yoga significa unire, connettere. Quando siamo in uno stato di disconnessione sentiamo di esistere solo come entità separate e che il mondo è popolato da unità separate. Se non riusciamo a vedere noi stessi negli altri, gli altri saranno sempre un ostacolo alla nostra felicità. La radice della parola politico è in “poli”, che significa corpo e, per estensione, il grande corpo, la comunità in cui viviamo. Il significato originale di politico era chi cercava felicità per la comunità intera. Nessuno di noi può chiamarsi fuori dalla politica perché tutto quello che facciamo influenza l’ambiente. Non possiamo vivere come se fossimo un’isola. Se avveleniamo l’acqua scaricandoci dei veleni, prima o poi ci avveleneremo anche noi.

Quali soluzioni offre una pratica spirituale a un problema politico?

Che se la vita è sofferenza, la chiave per uscirne risiede nel modo in cui ci comportiamo con gli altri. Il modo in cui trattiamo gli altri determinerà il modo in cui gli altri ci tratteranno e questo a sua volta determinerà il modo in cui ci vediamo. Il modo in cui ci vediamo determinerà chi siamo. La felicità dipende dal rendere felici gli altri. Se vuoi che il mondo cambi, devi iniziare da te e ciò richiede lavoro interiore ed esteriore, ma esteriore fino a un certo punto perché alla fine non c’è differenza: non c’è un “fuori” là fuori. È in questo modo che una pratica spirituale diventa politica.

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