Dopo Sauca, la purezza, il secondo degli Niyama è Santosa.
Santosa viene spesso tradotto come contentezza, appagamento, gratitudine o come l’arte dell’essere felice.
Santosa significa quindi nel non cercare niente di più di ciò che è strettamente necessario per vivere e trovare soddisfazione in condizione di essere consapevoli e grati per quello che si possiede già. Significa essere felici e soddisfatti senza un motivo preciso in quanto la nascita stessa con tutti i mezzi per sperimentare la vita; è una contentezza profonda e permanente, una gioia senza oggetto (in quanto noi di solito prendiamo per scontato il corpo, sensi, emozioni, intuizione … e magari, lo apprezziamo solo in presenza di un malfunzionamento o perdita di una parte, una malattia).
Santosa nel quotidiano
Viviamo nella società dei consumi, dei desideri, della soddisfazione materiale. Ed è proprio il desiderio e l’attaccamento ad esso che crea infelicità. Se desideriamo avere un tale lavoro, guadagnare X, avere il telefono nuovo, ecc, e siamo attaccati al nostro desiderio tanto da identificarci con esso, nel momento in cui tale desiderio non viene soddisfatto sopraggiunge l’infelicità e il senso di inadeguatezza, da cui derivano rabbia e frustrazione.
Imparare a essere felici di ciò che si è e di ciò che si ha è una grande conquista per la nostra vita. Ci permette di provare, forse per la prima volta nelle nostre vite, la pace mentale.
Santosa, tuttavia, non si applica solo alla sfera materiale, riguarda anche la nostra persona. Dobbiamo imparare a bastarci, capire che siamo abbastanza. Anche se il nostro corpo non corrisponde ai corpi delle modelle, se a volte siamo di cattivo umore, se non siamo perfetti, se non conduciamo la vita perfetta… va bene così!
Come mettere in pratica Santosa, quando i nostri sensi sono continuamente bombardati e stimolati? Una strada è sicuramente quella della meditazione. Un’altro esercizio che possiamo mettere in pratica è di tenere un “diario della gratitudine“. Ogni sera prima di andare a dormire, scriviamo sul nostro diario tutto ciò di cui siamo grati per la giornata appena passata. Scopriremo che i primi giorni, settimane, faremo molta fatica a trovare qualcosa di cui gioire. Con il tempo osserveremo che sarà sempre più facile trovare avvenimenti di cui essere grati. Ogni due-tre mesi rileggiamo le pagine del nostro diario e ci renderemo conto che le cose di cui siamo grati sono le più semplici.
Santosa sul tappetino
La contetezza possiamo provarla ogni volta che decidiamo di praticare Yoga. Lo Yoga non è uno sport, né una disciplina competitiva. Quando pratichiamo, dobbiamo farlo senza aspettative né obiettivi.
Integriamo la pratica di Santosa quando non ci approcciamo al nostro corpo in maniera aggressiva e violenta, quando accettiamo che certe posizioni non sono alla nostra portata e va bene così. Se invece forziamo il corpo in determinate posizioni, assumiamo un atteggiamento violento e di non accettazione. Accettiamoci così come siamo, con i nostri limiti, i nostri difetti. Utilizziamo gli asana non per cambiare il nostro corpo, ma per cambiare l’atteggiamento mentale verso il corpo. Ciò che conta non è portare la gamba dietro la testa, ma sentirsi bene con sé stessi sempre e comunque. E se ci saranno giorni in cui non ci sentiamo bene con noi stessi, non colpevolizziamoci.
Quando soddisfiamo un desiderio dettato dall’ego, il piacere che ne deriva è effimero. Se impariamo a guardarci dentro e a far chiarezza, pensando a ciò che desideriamo realmente, spogliandoci delle convinzioni sociali e culturali, scopriamo che abbiamo già tutto ciò di cui abbiamo bisogno e che la felicità è dentro di noi.
Namastè.
Preso da: Santosa: l'arte della felicità
CONTINUANDO A SEGUIRE I CONSIGLI DI PATANJALI OSSERVANDO I YAMA E NIYAMA, si arriva alla pratica di SANTOSA. In altre parole, si diventa contenti di quello che si è con ciò che si ha nella vita. ‘La GRANDEZZA si misura dai tuoi DONI da quello che sei capace di offrire e non dai tuoi BENI.’ L’esatto contrario della nostra cultura che ci impone un accumulo sempre maggiore perché se non possiedi l’ultimo modello di ogni cosa - dalla macchina al telefonino – come si fa? Concentrarsi invece e riconoscere tutti i doni e i talenti che uno ha è un modo fresco per praticare santosa nella nostra vita. Se cerchiamo di ACCORGERCI dei nostri TALENTI per poterli utilizzare per il bene nostro e della società, vivremo felici e contenti.
Generalmente parlando, se uno vive coltivando ciò che ha da offrire, si sentirà appagato, ma se vive spinto dalla paura di non avere abbastanza e di dover accumulare in continuazione, dal danaro ai beni materiali per essere contento, capirete che c’è una bella differenza nel punto di partenza. ESSERE GRATI e RICONOSCENTI PER QUELLO CHE SI HA. Nischala Joy Devi suggerisce la pratica di santosa semplicemente col apprezzare quello che si ha già piuttosto che pensare sempre e solo a quello che ci manca e che si vuole avere.
In Savasana …. Esprimere la gratitudine per il fatto di poter praticare yoga e di attingere a queste saggezze dello yoga… provate riconoscere, apprezzare ed esprimere gratitudine per uno dei DONI CHE AVETE… poi pensate a una cosa nella vita che avete e che vi rende contenti e cercate di coltivare e di sentire il profondo senso di gratitudine per questa cosa.
Passare poi all’esercizio respiratorio di Thich Nhat Hanh, "Inspirando io calmo il mio corpo, espirando io sorrido." … sollevare gli angoli della bocca… intenzione come vorreste coltivare santosha nella pratica – spesso ci confrontiamo, ci piacerebbe (ma ciò NON è!)… cerchiamo oggi di essere contenti con ciò che siamo e dove siamo ORA
Un pensiero a tutti i beni che si hanno per chi vive nei paesi così detti ‘ricchi’ dal bagno e la carta igienica alle macchine e i vestiti. Abbiamo gli alimenti da tutte le parti del mondo, l’opportunità di istruzione e, nonostante la crisi, possiamo scegliere quello che vogliamo fare nella vita. A volte siamo talmente presi dal procurarci tutte le belle cose che vogliamo che diventiamo cechi per quanto siamo fortunati e quanto abbiamo già.
Santosa significa prenderci del tempo per riconoscere ogni bene che abbiamo già nella vita. Praticando la riconoscenza e la gratitudine, si comincia a creare un abitudine nuova che cambia il modo in cui vediamo le cose. Provare la gratitudine agisce come il liquido di un tergicristalli, metaforicamente ripulisce il nostro cuore. Più ripuliamo il nostro cuore, più diventiamo in sintonia con la nostra luce interiore di consapevolezza: la parte costante, non soggetta al cambiamento, già perfetta, che non ha nulla da acquisire o da raggiungere.
Karen McLaren nel suo The Language of Emotions: What Your Feelings are Trying to Tell You (Linguaggio delle emozioni - quello che i vostri sentimenti stanno cercando di dirvi) dice che il dono di contentezza, che lei definisce come il saper apprezzare e riconoscere, sono gioia, soddisfazione, auto-stima, rinnovo e realizzazione. Praticando la gratitudine, essere felici con chi siamo e con ciò che abbiamo, ci fa stare bene, ci sentiamo più vigorosi e pieni di energia e ci godiamo meglio la vita. In fatti, Karen suggerisce che l’indice di quanto siamo contenti/scontenti è quando cominciamo a sentirci insoddisfatti; quello è il momento in cui bisogna iniziare a celebrare la buona fortuna e tutti i doni e i talenti che abbiamo.
Santosa è un niyama straodinario da coltivare durante la stessa pratica di yoga, soprattutto quando ci sentiamo frustrati per il mancato “progresso" pensando alle posizioni (asana). Quando ci confrontiamo con gli altri, o abbiamo una visione idealizzata di una posizione ‘perfetta’ o di noi stessi come eravamo una volta o come vorremmo essere, ci procuriamo solo la sofferenza. Anche solo il fatto di poter praticare yoga è già un grande dono. Moltissime persone non sono in grado di farlo o per mancate risorse economiche o per altre ragioni, per non parlare quando ci ammaliamo fino al punto da essere impediti proprio a fare la pratica degli asana. Quindi, bisogna riconoscere ed essere grati per poter essere qui sul tappetino e muovere i nostri corpi in maniera innata e di beneficio a tutto l’ambiente all’interno del nostro corpo.
Nischala Joy Devi dice che, "per alcuni di noi aprirsi alla gioia viene più naturale che agli altri che ci devono lavorare con più attenzione." Santosha di nuovo è un eccellente pratica per coloro che sono tendenzialmente pessimisti e sospettosi riguardo alla loro pratica spirituale.
Per questa settimana come coltiverete santosa? Quali doni/talenti avete per i quali coltiverete la gratitudine? Pensate inoltre a tutti i beni che vi procurano gioia nella vita. Che ne dite di annotare ogni giorno una lista di cose per le quali vi sentite profondamente grati? Vi lascio con questo e provate continuare con il mantra di Tich Nhat Hanh, "Inspirando io calmo il mio corpo, Espirando io sorrido." A me questo mantra aiuta sempre a centrarmi nel santosa - la contentezza.
Ringrazio Dr Melissa West per tutte le idee preziose.
Sono profondamente grata per essere al servizio di un gruppo così coinvolto nella nostra pratica.
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