La moglie del barbiere, intermediaria dell’amore furtivo della moglie del tessitore, con in mano il naso precedentemente mozzatole, tornò a casa propria e si mise a pensare: “Che fare ora? Come posso nascondere questa profonda ferita?”.
E, mentre lei così rifletteva, suo marito, che aveva pernottato presso il re per questioni di lavoro, ritornato all’alba a casa sua, poiché voleva nuovamente uscire per svolgere varie commesse in città, le disse restando sulla soglia di casa: “Cara, portami in fretta il mio portarasoi, che devo andare a lavorare.”
E quella, col suo naso mozzato, restandosene ben nascosta all’interno della casa, intuendo una possibile via d’uscita da quella situazione, estrasse dal portarasoi un rasoio e glielo lanciò addosso.
Il barbiere allora, vedendo con inquietudine che il rasoio era senza custodia, si adirò e le riscagliò quel medesimo rasoio addosso.
A quel punto quella malvagia, si precipitò fuori di casa a braccia alzate imprecando a gran voce: “Maledizione, guardate! Questo malvagio mi ha mozzato il naso, ma io mi sono comportata sempre virtuosamente! Qualcuno mi aiuti, vi prego!”
Immediatamente sopraggiunsero delle guardie che dopo aver ridotto male il barbiere con delle bastonate, lo legarono e, insieme alla moglie sfregiata del suo naso, lo portarono al cospetto della corte dicendo ai giudici: “Ascoltate signori della corte! Questo barbiere ha sfregiato questo gioiello di donna senza che lei gli avesse fatto niente di male: perciò gli sia fatto quel che si merita!”
Così interpellati i giudici dissero: “Dicci barbiere: perché hai sfregiato tua moglie? Forse ama un altro uomo? O ha cercato di attentare alla tua vita? O ha forse commesso un furto? Dicci dunque di che colpa si è macchiata!”
Ma il barbiere, tutto dolorante per le bastonate ricevute, non seppe dare una risposta.
I giudici allora, notando il suo silenzio, nuovamente si pronunciarono: “Ebbene dev’essere vero quel che hanno detto le guardie: costui è un malvagio. Ha infierito su questa poveretta che non ha nessuna colpa.
E’ stato detto infatti:
“Parla con voce diversa e impallidisce, ha lo sguardo spaurito, il suo splendore svanisce: ecco come diventa l’uomo che, compiuto un atto illecito, è spaventato da quanto lui stesso ha fatto.”
E similmente:
“Viene avanti con passo incerto, il volto è esangue, la fronte è abbondantemente ricoperta di sudore, quando parla balbetta,
e tende a tenere gli occhi bassi: così appare l’uomo che ha compiuto un misfatto quando viene portato davanti ai giudici; e così, da questi segni, facilmente gli esperti lo scoprono.”
Al contrario:
” L’uomo che non ha colpa, parla di fronte alla corte: ha il volto disteso, è sereno, usa frasi chiare, l’occhio è irato, è sdegnato ed è risoluto.”
Per cui costui mostra i segni di una condotta malvagia, e la legge recita: “A morte chi fa violenza alle donne”. Quindi decretiamo che debba essere impalato.”
Ma, mentre veniva portato al patibolo, lo notò Devasharma che, recatosi dai giudici, disse loro: “Ascoltatemi, o giudici: questo povero barbiere, dalla condotta irreprensibile, viene ucciso per qualcosa che non ha fatto. Sentite dunque la mia storia che comincia : “Lo sciacallo perì per la lotta fra i caproni…”
Al che i giudici dissero: “Non conosciamo questa storia: raccontacela, o sant’uomo!”
Allora Devasharma raccontò tutta la storia per filo e per segno.
Dopo aver ascoltato come erano andate le cose, pieni di stupore liberarono il barbiere e dissero concordi: Udite!
“Brahmana, bambini, donne, asceti e malati non possono subire una condanna capitale: anche a fronte di una grave colpa la condanna massima è la mutilazione.”
Poiché la mutilazione del naso se l’è procurata da sola, allora la punizione che le infliggiamo per legge è la mutilazione delle orecchie.”
Dopo che la condanna fu eseguita, Devasharma, ormai superato il dolore per la perdita del suo capitale, fece ritorno al suo eremo.
Storia di Devasharma: una lettura (parte 1)
Dal Pancatantra: (Devasharma, II parte) Il tessitore e la moglie infedele
Storia di Devasharma (parte III): considerazioni sulle donne.
Il barbiere accusato ingiustamente (Devasharma pt. IV)
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