sabato 4 febbraio 2017

PAROLE DI VIMALA THAKAR (Alberto Stipo)

Una ricerca comincia dal fare conoscenza con se stessi: non dando le cose per scontate, non basandosi su ciò che è noto al cervello, ma con l'umiltà di guardare di persona, con un incontro diretto, immediato, semplice, con i fatti del proprio essere.


Il silenzio fa parte della vita quanto le vostre parole e il suono. La vita è incompleta senza il silenzio, senza la pace, senza il rilassamento. Perciò la meditazione vi introduce all'altra dimensione della vita, che viene ignorata, che non abbiamo esplorato, ed è per questo che siamo denutriti. E i nostri movimenti sanno di frammentazione interiore, di divisione; il nostro parlare sa di rumore, di pensieri ed emozioni in cui viviamo. I nostri rapporti sanno di anarchia interiore e di caos, emotivo e intellettuale.
Quando si separa il fisico dallo spirituale, quando si separa il sensoriale dal non sensoriale e vi si indulge per amore del sensoriale, solo allora il fisico diventa una schiavitù. Diventa una cosa perversa, distorta. Diventa una cosa brutta.

La nostra vita fisica è ripetitiva. Si tratti di lavorare in un ufficio per vent'anni o stare in casa a cucinare, fare il bucato, accudire i bambini, tutto quanto è diventato ripetitivo. Perché vi sia una trasformazione nessun movimento deve essere ripetitivo o meccanico. Bisogna educarsi a vivere al livello fisico, sul piano fisico, in modo tale da non compiere movimenti meccanici o vuoti, fino a che non vivremo più per schemi, per abitudine.

Chi comprende che quando si parla non sono solo la lingua, i denti, la gola, le corde vocali a muoversi, ma è l'intero essere che si muove e sperimenta un certo moto, che il parlare agisce sull'intero essere, sarà molto sobrio nell'uso del linguaggio. Parlerà quando la comunicazione verbale è necessaria, è giustificata. Parlerà quando c'è l'esigenza di condividere, di comunicare. Ma spettegolare, ricattare, quel parlare a vanvera, ingiustificato, senza senso, che sperimentiamo ogni giorno, è una tale perdita di energia, di energia vitale, chimica e nervosa.

A meno che non si abbia l'urgenza di scoprire che cosa c'è al di là della mente, di trovare ciò che è al di là del cervello condizionato, al di là di chi esperisce e dell'atto di esperire, al di là dell'atto di osservazione e dell'osservatore, del pensiero e di chi pensa, ciò che è al di là di spazio e tempo, al di là di tutti questi simboli, al di là dei comportamenti cerebrali; a meno che non ci sia l'innata passione di cercare di scoprire per conto proprio, non si sarà equipaggiati per vivere la via della meditazione.

La concentrazione può affinare il cervello, può stimolare poteri nascosti della mente. Ma tutto ciò non può produrre lo stato di meditazione. Quando si comprende con molta chiarezza questo punto, l'ossessione per l'attività mentale viene meno. Non c'è più il desiderio di forzare la mente, di sopprimerla o reprimerla o anche di drogarla.

Dalla piccola area dell'attività mentale, spostiamo la meditazione su un vasto campo di coscienza, dove entra in relazione con ogni movimento nella vita personale e collettiva. Entra in relazione col modo in cui sedete o state in piedi, in cui indossate i vestiti o le scarpe, in cui gesticolate o parlate durante tutta la giornata. Che lo vogliate o no, lo stato interiore del vostro essere si esprime nel vostro comportamento.

Noi ci portiamo dentro non solo l'evoluzione del pensiero umano, ma anche l'evoluzione del mondo minerale, del mondo vegetale, del mondo animale, del mondo degli uccelli. Ci portiamo dentro l'evoluzione della vita nella sua totalità. Ecco la bellezza e la grazia di essere nati con una forma umana.

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